Il ponte, ottobre 2009

BALZAC E LA GIUSTIZIA

Vincenzo Accattatis

«L’immaginario dei francesi relativo alla giustizia è perfettamente simmetrico al debole posto che la giustizia occupa nel dominio del simbolico e del reale [...]. La giustizia non ha la funzione di regolare la società e le professioni che ne fanno parte godono di debole prestigio. L’immaginario dei francesi è talmente nullo in ciò che attiene alla giustizia che le caricature di Daumier, che datano del 1845, continuano ad attrarre l’attenzione del mondo giuridico, limitandone la conoscenza a un palazzo di giustizia XIX secolo reso grottesco. Un editore alla ricerca d’iconografia per un’opera utilizza ancor oggi Daumier. Non è colpa sua. A parte questo pittore, migliore del caricaturista, non esiste altro in Francia. Nessuna immagine, nessun mito illustrato. L’analisi dei film e delle trasmissioni televisive successivi alla guerra mostra chiaramente il deserto» – dice Daniel Soulez Larivière[i] (1).

Larivière non collega Daumier a Balzac e non lo collega ai successivi disegnatori satirici francesi, a Plantu (Jean Plantureux), per esempio, che ha trattato ampiamente della giustizia e ha fatto esposizioni, una nella Corte di cassazione francese nel 1996. Nel 1988 ha ricevuto un premio per il suo disegno Gordji chez les juges. Nel 1985 il direttore di «Le Monde», André Fontaine, ha instaurato la quotidianità dei disegni di Plantu per «rendre sa place à la tradition française des dessins politiques». Nel 2008 c’è stata una esposizione Daumier - Plantu al Musée «Yves Bayer» (Musée de France). Tutti gli uomini di cultura continuano a citare Daumier, non solo in Francia.

Daumier nasce a Marsiglia il 26 febbraio 1808 e muore a Valmondois il 10 febbraio 1879. È pittore, scultore, caricaturista, litografo. A partire dal 1832 inizia la collaborazione con «Le Charivari», giornale che svolge un importante ruolo politico contro Luigi Filippo. Proprio nel 1832 è condannato a sei mesi di reclusione per la pubblicazione di Luigi Filippo «Gargantua». Dopo l’approvazione delle leggi di censura del 1835, Daumier rinuncia alla satira politica e inizia quella dei costumi, delle istituzioni. Appaiono, quindi, Les Gens de Justice, Les Bons Bourgeois, Le Ventre législatif. All’apparire della «Commedia umana» di Honoré de Balzac, nel 1844, in edizione Furne, egli participa all’illustrazione dei romanzi; peraltro aveva già collaborato all’illustrazione della rivista «La Chronique de Paris» creata da Balzac nel 1936.

In conclusione, non Daumier e il deserto, come scrive Larivière, ma Daumier e il successivo disegno satirico francese, Daumier e la grande letteratura francese del XIX secolo, che tratta ampiamente di giustizia. Balzac ne tratta in Le Père Goriot e in altri romanzi. Nella società bonapartista si fa carriera, si sale o si scende – si diventa avvocati, dice Vautrin in Le Père Goriot, per cercare di presiedere poi una Corte d’assise («per provare ai ricchi che possono dormire sonni tranquilli»).

Il giudice che non ha santi in paradiso marcisce in un tribunale di provincia, «verso i trent’anni» diventa «giudice a milleduecento franchi l’anno». Se invece ha protettori, a trent’anni diventa procuratore del re «con mille scudi di stipendio» e sposa la figlia del sindaco. Se è disponibile a chiudere un occhio, a quarant’anni è procuratore generale e può diventare anche deputato o senatore. Vi sono magistrati in Francia «che venderebbero la famiglia per salire di un gradino».

L’avvocato arrivista può farsi strada con il suo ingegno o con la corruzione. L’onestà non paga. Servono invece trasformismo, duttilità, malleabilità. Nella società bonapartista cattolica (cattolica in un certo modo) «ci si scarica di un crimine con un atto di contrizione».

Per arricchirsi occorre giocare forte, altrimenti si vivacchia. Per divenire ricchi in fretta, meglio fare come gli americani, che si servono di schiavi: «De nègres, voyez-vous? c’est des enfants ...» («i negri sono come fanciulli, sono docili»). Un milionario infame, che si è arricchito con lo schiavismo, in Francia è stimato. Anzi, a dire il vero, un milionario non è mai infame. Tutti si inchinano di fronte a lui. Per divenire potenti occorre «piegarsi, strisciare, rialzarsi, adulare, dissimulare», essere servo oggi per poter comandare domani. La società bonapartista è società di servi e di padroni.
Vautrin, il manigoldo, dice a Rastignac ciò che, con altre parole, già gli ha detto la signora Beauséant. Le due analisi concordano. Quindi l’analisi è corretta: il giudice buono, valido, viene emarginato dal sistema bonapartista.

L’onesto giudice emarginato

In L’interdiction, Balzac ci parla di Popinot, il giudice buono emarginato. La novella è posteriore a Le Père Goriot, ma è strettamente collegata al romanzo, non a caso nella recente ripubblicazione francese di La Comédie humaine, Le Père Goriot e L’interdiction sono collocati nello stesso volume, il primo (2).

Splendido l’inizio: «Nel 1828, verso l’una del mattino, due persone uscivano da un palazzo di rue du Faubourg-Saint-Honoré [...] un medico celebre, Horace Bianchon, e il barone de Rastignac». Nella novella Balzac tratta del mestiere del giudice nella società bonapartista, degli avvocati e di «tutto ciò che pascola sul terreno giudiziario». Balzac contrappone Popinot, giudice serio e scrupoloso, alle «macchine motivatici» (le macchine «da considerando») che sfornano sentenze ben scritte ma spesso inique. Il giudice – dice Balzac – deve essere uomo immerso nei problemi del suo tempo, non la rotella di un «ingranaggio». Il giudice è chiamato a lacerare l’«involucro della doppia menzogna» delle parti. La lacera con l’indagine seria e approfondita dei fatti che gli vengono sottoposti. Ecco un principio fondamentale, ieri come oggi. Il fatto e il diritto, l’analisi approfondita dei fatti.

La trama della novella

Nel 1828 la marchese d’Espard, una delle donne piú in vista di Parigi, chiede a un tribunale di Parigi l’interdizione del proprio marito dal quale vive separata. Lo accusa di imbecillità e di dilapidare il suo patrimonio. L’indagine è affidata al giudice istruttore Jean-Jules Popinot. Si instaura un processo. Popinot viene indotto dal nipote ad andare nella casa della marchesa per interrogarla. Vi si reca, discute con lei e ne riceve pessima impressione. Fa ulteriori indagini e si persuade che il marchese d’Espard è tutt’altro che folle, anzi è un uomo probo e generoso. Si accinge a esprimere la sua opinione in tribunale nel senso del rigetto dell’istanza di interdizione, ma viene privato del processo dal presidente del tribunale.

Interessante la tecnica con cui ciò avviene: il ministro, collegato con la struttura burocratica della giustizia, docile e servile, accusa Popinot di scorrettezza. Pretende di salvaguardare il corretto andamento della giustizia mentre la manipola. Accade ancor oggi in Francia (3).

Riprendo la parte finale della novella. Verso le dieci del mattino Popinot, che ha completato con il massimo scrupolo la sua indagine, si reca al palazzo di giustizia. Appena entra, l’usciere gli dice: il Presidente l’attende (mantengo le maiuscole che sono nel testo). Popinot si reca dal Presidente:

- «Bonjour mon cher Popinot ...».

- «Monsieur le Président», si tratta di cosa seria?

- No, di una sciocchezzuola: il Guardasigilli, con il quale ho avuto l’onore di pranzare ieri, «m’a pris à part dans un coin» [mi ha parlato con riservatezza]. Ha appreso che siete andato a prendere il tè a casa di madame d’Espard, che è parte in causa «dans l’affaire de laquelle vous avez été commis» [nel processo che vi è stato affidato]. Cosa sconveniente, ovviamente. Mi ha fatto capire che era meglio togliervi il processo.

- Ah! Signor Presidente, posso assicurarvi che dalla casa di madame d’Espard sono uscito nel preciso momento in cui il tè era servito ...

- Sí, sí ... tutto il Tribunale, la Corte, il Palazzo vi conoscono bene. Non vi ripeto ciò che ho detto di voi a Sua Eccellenza; ma voi sapete: la moglie di Cesare deve essere al di sopra di ogni sospetto. Chiudiamo subito questa faccenda in silenzio, senza farla diventare azione disciplinare («Aussi ne faisons-nous pas de cette niaiserie une affaire de discipline, mais une question de convenance»).

-- Ma, signor Presidente, se voi foste informato dell’esito delle indagini («si vous connaissiez l’espèce, dit le juge en essayant de tirer son rapport de sa poche»).

-- «Je suis persuadé d’avance que vous avez apporté dans cette affaire la plus stricte indépendance» [sono convinto che avete agito in piena indipendenza]. E io stesso in provincia, quando ero un semplice giudice, ho preso piú di una tazza di tè con le parti in causa; ma se il Guardasigilli interviene, se se ne occupa, se fa dei rilievi occorre che io intervenga: ogni conflitto con l’opinione pubblica è sempre pericoloso per un’istituzione («pour un Corps constitué») anche se l’istituzione ha ragione. Un giornalista può dire tutto, tutto supporre e la nostra dignità ci proibisce anche la replica («même la réponse»). Ne ho parlato con il vostro Presidente, monsieur Camusot è stato designato per sostituirvi, ovviamente sul presupposto dell’astensione che voi mi farete avere. Si tratta di cosa risolta in famiglia. Vi chiedo l’astensione come un favore («service») personale e in cambio voi avrete la croce della Legion d’Onore che meritate da tempo. Avrò cura personale di farvela assegnare.

Il giudice viene ricompensato se tace e acconsente, e Popinot tace e acconsente. «En voyant monsieur Camusot, un juge récemment appelé d’un Tribunal du ressort à celui de Paris et qui s’avança pour le saluer, Popinot ne put retenir un sourire ironique. Ce jeune homme blond et pâle, plein d’ambition cachée, semblait prêt à pendre et à dépendre, au bon plaisir des rois de la terre, les innocents aussi bien que les coupables ...» (4). Il giudice bonapartista pieno di «ambizioni nascoste», divorato dalle ambizioni, pronto «à pendre et à dépendre, au bon plaisir des rois de la terre». Esiste ancora in Europa: è ben presente.

Vi sono due tipi di magistrati, dice Balzac: i carrieristi e quelli scomodi, indocili, che non si prestano, che non lasciano fare e non lasciano passare, che finanche pretendono controllare e criticare il comportamento dei «superiori». Balzac inventa un termine per esprimere il concetto, jugerie: il giudice “criticone”, saccente, che si intromette, che non si fa gli affari propri, che non resta nei ranghi, nei limiti assegnati dal sistema. Dal giudice saccente nasce il giudice democratico.

Una verità secca

Balzac disegna personaggi ancora iperprensenti in Europa. Eugène de Rastignac anzitutto, chi non lo conosce? È presente in ogni angolo di strada. Balzac gli dà la vita in La Peau de chagrin e soprattutto in Le Père Goriot, nel 1834-1835. Ma quale vitalità! La conserva, ancor oggi, tutta intera nell’Europa dei lobbisti e dei banchieri. Ci sono dei Rastignac in politica, negli affari, nelle lettere. Quanti a l’Hec («Hautes études commerciales»), a l’Ena («Ecole nationale d’administration»). Un motto scritto sulla fronte: «Parvenir! Parvenir à tout prix». Rastignac è dunque fra di noi ed occorre interrogarsi sulle ragioni della sua presenza (5). La società produceva i Rastignac, e li produce ancora: questa è la spiegazione piú ovvia. Nella nostra società prevale l’individualismo possessivo, viene esaltato.

Sete di denaro. Mercato e contratto. Tutto ha un prezzo. Il prezzo di un pasto, di una camera, di una redingote, ma anche di un’anima, di un’attività professionale: «on aime, on se marie, on se vend, on s’avilit, on dénonce, on tue, on oblie pour de l’argent». Avidità, avarizia, vanità, arrivismo, volontà di dominio. «Paris est [...] un bourbier» [un pantano]. «Il faut se salir les mains si l’on veut fricoter» [devi sporcarti le mani se vuoi goderti la vita]. «Sachez seulement vous bien débarbouiller, là est la morale de tout époque». Quale epoca, chiede Max Gallo? L’inizio del XIX secolo o del XXI?

Balzac dice una verità secca: nella società borghese la giustizia imparziale non può essere realizzata. Come dice anche Charles Dickens. Bisogna credere a questi due grandi con la vista acuta: creditori e debitori, prigioni per debiti, workhouses.


Note:

[1] Cito da Daniel Soulez Larivière, "Justice pour la Justice", Seuil, Paris, 1990, p. 139.
[2] Offerta di “Le Monde”, giovedì 11 settembre 2008, “Classiques Garnier”, Tomo 1.
[3] Per un’ampia analisi cfr. Sophie Coignard e Jean-François Lacan, "La République bananière", Pierre Belfond, Paris, 1989, p. 88; Enri Nallet, "Tempête sur la Justice", Plon, Paris, 1992, p. 80 s.; "Liberty, equality, impunity?", "The Economist" 21.7.2001 ; "Duel constitutionnel entre le président de la Republique et le premier ministre", "Le Monde" 30.3.2001; "Le gouvernement s'en prend violemment à Jacque Chirac", Le Monde" 18.7.2001; « France and justice », « The Economist » 24.11.2001 ; "Le juge Halphen annonce son départ de la magistrature", "Le Monde" 15.1.2002; "Halphen, le symbol", "Le Monde" 16.1.2002, editoriale; "Le monde judiciaire secué par le départ du juge Halphen", "Le Monde" 16.1.2002; "The bitterness of a judge", "The Economist" 19.1.2002; Halphen, Joly, Vichnievsky: les départs de trois juges découragés », "Le Monde" 14.3.2002 ; « Alain Juppé un fidèl au prétoire », « Le Monde » 30.9.2003; « Même absent, M. Juppé est resté au centre du procès du RPR », « Le Monde » 7.10.2003; « Le système Chirac condamné », « M. Chirac rattrapé », « Le Monde» 1.2.2004; « Chirac face au séisme Juppé », « Les faits contre Juppé », « Le Monde» 4.2.2004; « Cinq dossiers pourraient conduire Jacques Chirac à être interrogé par la justice », “Le Monde” 16.6.2007; “Clearstream: les juges veulent mettre Villepin en examen”, “Le Monde” 12.7.2007; Elaine Sciolino, “Chirac Questioned in Scandal From His Time as Paris Mayor” «The New York Times» 20.7.2007; Maia de la Baume, “Ex-Premier of France Under Formal Investigation”, «The New York Times» 28.7.2007; « Clientélisme », « Le Monde» 23.11.2007, editoriale. « Emprunt national: M. Sarkozy cite quatre défis majeurs”, « Le Monde» 27.8.2009. Commissione Juppé-Rocard. Juppé recuperato; Gérard Davet, « Clearstream : un procès commencé avant l’heure », « Le Monde» 8.9.2009. I filoni più interessanti da analizzare sono: 1) Chirac-Juppé-Sarkozy; 2) Clearstream (de Villepin – Sarkozy).
[4] « Vedendo il signor Camusot, un giudice recentemente chiamato da un tribunale del circondario a Parigi, che gli si avvicinava per salutarlo, Popinot non potè trattenere un sorriso ironico. Quel giovane biondo e pallido, pieno di ambizioni nascoste, sembrava pronto ad impiccare e ad assolvere( credo sia questa la migliore traduzione dell’espressione à pendre et à dépendre ), a capriccio dei re della terra, gli innocenti e i colpevoli, indifferentemente...”.
[5] Cito da Max Gallo, “Rastignac est parmi nous”, “Le Monde” 12 settembre 2008.